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Non sai cosa cerchi finché non lo trovi: innovare è incertezza

Pianificare come se tutto fosse noto in partenza. Ma innovare è come cercare un oggetto di valore nella sabbia: non sai cosa cerchi, né dove trovarlo. Ti serve un metodo per esplorare, non una timeline da eseguire.

Non sai cosa cerchi finché non lo trovi: innovare è incertezza

L’illusione del piano perfetto

Innovazione? Certo. La roadmap è già pronta. L’obiettivo è arrivare a un MVP entro fine trimestre e avere almeno tre use case validati in sei mesi.

Frasi come questa suonano rassicuranti. Pianificate. Razionali. Peccato che siano, quasi sempre, sbagliate.

L’innovazione viene spesso gestita come se fosse una macchina da costruire, anziché un territorio da esplorare. Il linguaggio tradizionale di project management roadmap, milestone, KPI, Gantt è perfettamente adatto a progetti noti, con obiettivi chiari e soluzioni conosciute. Ma non è pensato per l’ignoto, e l’innovazione, per definizione, è ignoto.

Quando le aziende chiedono roadmap su ambiti pressoché sconosciuti, ottengono due effetti:

  1. Soffocano la scoperta: qualsiasi opportunità che esce dalla “timeline” viene scartato come deviazione, anziché valorizzato come potenziale breakthrough.
  2. Fingono certezza dove c’è solo probabilità: ed il tempo speso a costruire pianificazioni viene sottratto all'esplorazione reale di possibili innovazioni.

L’illusione del piano perfetto deriva dalla nostra ansia di controllo. Ma nell’innovazione, la vera disciplina non è saper pianificare, ma saper esplorare.

A person alone in a vast, empty desert, sweeping a sleek, futuristic metal detector over the sand. The detector emits a faint glow, and a small, radiant object—a glowing cube or a golden microchip—emerges beneath the surface.

Cercare un oggetto nella sabbia

Immagina una lunga spiaggia silenziosa all’alba. Sabbia a perdita d’occhio, dune, tracce del vento e del mare. Da qualche parte, nascosto sotto pochi centimetri o magari diversi metri, ci potrebbe essere qualcosa di valore: un oggetto antico, una moneta d’oro, un frammento prezioso. Non sai cosa sia esattamente. E non sai dove si trovi. Ma sai che forse esiste. E vuoi trovarlo.

Questo rappresenta il lavoro di chi fa innovazione che non dovrebbe partire da una risposta, ma da una tensione, una curiosità o una domanda irrisolta. Non sai quale sarà la soluzione, né tantomeno se porterà profitto ma non hai dubbi che, in quel contesto incerto, ci sia un valore nascosto, che può essere acquisito.

Ma come muoversi in quella spiaggia?

  • Se si inizia a scavare a caso, si consumeranno energie e risorse rapidamente.
  • Se si attua un metodo, segmentando il territorio, annotando i posti controllati, e sfruttando gli strumenti adatti (es. metal detector, una mappa delle correnti, l’analisi del terreno, il comportamento delle persone), si aumenteranno le probabilità di successo.

Questa è la chiave: la differenza tra casualità e incertezza strutturata e quando si parla di innovazione, un errore comune è confondere metodo con controllo.

Il controllo è utile per garantire l'efficienza di un piano o di un processo, il metodo invece è il modo di esplorare con intelligenza ed un esploratore non ha certezze, ma ha strumenti, metodo, e una profonda attenzione a ogni segnale. Non corre, non forza, non improvvisa. Semplicemente, sa cercare.

A hand planting a small tree in the middle of a previously wild, overgrown patch of land. Around the tree, the ground is gradually cleared and ordered—rows of small sprouts forming a neat garden. In the background, the transition from wild tangled weeds to structured nature.

Dal caos all’ordine

Chi si occupa di innovazione sa bene che l’incertezza non è un difetto del sistema, ma la sua condizione di partenza. Tuttavia, l’incertezza non significa anarchia, anzi, la metafora della spiaggia si fa potente anche sul piano operativo: possiamo scomporla in elementi distinti e tradurla in qualcosa di concreto, utile per un processo di innovazione che sia non lineare, ma nemmeno casuale.

🌊 Elemento 🧠 Concetto
La spiaggia Il contesto da esplorare: mercato, problema, scenario
L'oggetto di valore Il valore potenziale: soluzione, insight, vantaggio competitivo
Il metal detector Strumenti di detection: user research, prototipi, analytics, weak signals
La griglia di esplorazione Processo strutturato: iterazioni, learning loops, mappatura ipotesi
I segnalini sul terreno knowledge base, repository, log dei test, validazioni, falsificazioni
Il cambio di spiaggia Pivot strategico, reframe del problema, cambio di dominio
I compagni di ricerca Team multidisciplinari, contaminazioni, stakeholder attivi

Questo non è solo metaforico significa, semplicemente, che non possiamo ridurre l’innovazione all’esecuzione. Ma possiamo strutturare l’esplorazione.

A team of small characters collaboratively building a complex structure made of floating blocks—each block represents a task or idea.

Il mito della prevedibilità

Nell’innovazione, il linguaggio del project management classico è ancora oggi onnipresente. Parliamo di “iniziare un progetto”, “scalare la soluzione” o “chiudere entro la deadline”. Ma questo approccio, sebbene efficace per processi noti e ripetibili, diventa tossico quando applicato all’incertezza radicale.

Ma se le startup, e più in generale i progetti di innovazione, nascono sotto condizioni di incertezza estrema, perché continuiamo a gestirle con strumenti pensati per la certezza operativa?

E qui sta l’errore: scambiare l’efficienza per efficacia.
Un team che segue alla perfezione una roadmap sbagliata arriverà solo più velocemente nel posto sbagliato. Chi lavora sull’innovazione deve invece accettare, e addestrarsi per, un modello epistemico differente: quello della scoperta, non della consegna.

A modern-day explorer stands at the edge of an uncharted terrain (jungle, desert, or unknown planet), holding not only a compass and a map—but also a tablet or scientific instruments.

Metodo e cultura dell'esplorazione

Se l’innovazione è una forma di esplorazione, allora la domanda diventa: come si struttura un’esplorazione efficace?
Come trasformare l’incertezza in un percorso metodico, che non prometta certezze ma massimizzi il valore?

Facile: Non serve pianificare l’esito. Serve garantire il processo.

Un buon processo di innovazione normalmente risponde a tre principi fondamentali:

  1. Ciclicità (rapida): ad esempio build → measure → learn
  2. Feedback (continuo) con la realtà: utenti, dati, segnali deboli
  3. Decisioni (adattive) guidate da ciò che si scopre, non da ciò che si era deciso

E se hai esplorato un’intera area con metodo, usando il metal detector, scavando, documentando tutto, ma senza trovare nulla di valore Prosegui per orgoglio? Forzi la narrativa per giustificare lo sforzo? Oppure ti fermi, analizzi e decidi consapevolmente se è il momento di cambiare spiaggia?

Questo è un momento delicato, che coinvolge non solo la direzione operativa ma anche la postura organizzativa. È necessaria una cultura che non penalizzi l'abbandono (quando giustificato da solidi apprendimenti), non premi esclusivamente la perseveranza (ma anche la capacità di fermarsi al momento opportuno) e riconosca il fallimento come parte integrante del processo.

In pratica l’innovazione non è un processo lineare, ma il risultato di un’organizzazione che impara mentre cerca.

5 Spunti per chi fa innovazione in azienda

  1. Inserire fasi di ricerca divergente nei progetti di innovazione, anche brevi (es. 2 settimane di “campo” prima di ogni fase di ideazione).
  2. Creare i team come squadre di esploratori, con ruoli e strumenti adatti alla discovery più che alla delivery.
  3. Documentare con lo scopo di apprendere, non solo come reportistica postuma.
  4. Misurare anche ciò che non è successo: quante opzioni scartate? Cosa abbiamo imparato che ci ha fatto cambiare direzione?
  5. Adottare principi di anti-fragilità: se l’ambiente cambia, il metodo migliora.

Per approfondire:

The Knowledge-creating Company
How have Japanese companies become world leaders in the automotive and electronics industries, among others? What is the secret of their success? Two leading Japanese business experts, Ikujiro Nonaka and Hirotaka Takeuchi, are the first to tie the success of Japanese companies to their ability to create new knowledge and use it to produce successful products and technologies. In The Knowledge-Creating Company, Nonaka and Takeuchi provide an inside look at how Japanese companies go about creating this new knowledge organizationally.The authors point out that there are two types of knowledge: explicit knowledge, contained in manuals and procedures, and tacit knowledge, learned only by experience, and communicated only indirectly, through metaphor and analogy. U.S. managers focus on explicit knowledge. The Japanese, on the other hand, focus on tacit knowledge. And this, the authors argue, is the key to their success--the Japanese have learned how to transform tacit into explicit knowledge. To explain how this is done--and illuminate Japanese business practices as they do so--the authors range from Greek philosophy to Zen Buddhism, from classical economists to modern management gurus, illustrating the theory of organizational knowledge creation with case studies drawn from such firms as Honda, Canon, Matsushita, NEC, Nissan, 3M, GE, and even the U.S. Marines. For instance, using Matsushita’s development of the Home Bakery (the world’s first fully automated bread-baking machine for home use), they show how tacit knowledge can be converted to explicit knowledge: when the designers couldn’t perfect the dough kneading mechanism, a software programmer apprenticed herself with the master baker at Osaka International Hotel, gained a tacit understanding of kneading, and then conveyed this information to the engineers. In addition, the authors show that, to create knowledge, the best management style is neither top-down nor bottom-up, but rather what they call “middle-up-down,” in which the middle managers form a bridge between the ideals of top management and the chaotic realities of the frontline.As we make the turn into the 21st century, a new society is emerging. Peter Drucker calls it the “knowledge society,” one that is drastically different from the “industrial society,” and one in which acquiring and applying knowledge will become key competitive factors. Nonaka and Takeuchi go a step further, arguing that creating knowledge will become the key to sustaining a competitive advantage in the future. Because the competitive environment and customer preferences changes constantly, knowledge perishes quickly. With The Knowledge-Creating Company, managers have at their fingertips years of insight from Japanese firms that reveal how to create knowledge continuously, and how to exploit it to make successful new products, services, and systems.

Un classico sulla creazione di conoscenza nelle aziende, introduce il modello SECI (Socializzazione, Esternalizzazione, Combinazione, Internazionalizzazione). Spiega perché innovare è un processo emergente e ciclico.

Un libro ed un TEDX brillante sulla natura evolutiva delle idee, che si sviluppano in ambienti favorevoli, con connessioni impreviste e attraverso processi non lineari.

How to Fly a Horse - Wikipedia

Scritto dal creatore del termine "Internet of Things", smonta il mito del genio solitario e descrive l’innovazione come un processo fatto di lavoro strutturato e tentativi continui.

Design Thinking Comes of Age
In large organizations, design is moving closer to the center of the enterprise. This shift isn’t about aesthetics and product development, however. It’s about imparting the principles of design—collectively known as design thinking —throughout the organization. The approach is in large part a response to the complexity of many products, services, and processes. People need help—they need their interactions with technologies and other complicated systems to be intuitive and pleasurable. Design thinking is an essential tool for simplifying and humanizing. The principles include a focus on users’ experiences, especially their emotional ones; the creation of physical models, such as diagrams and sketches, to explore problems; the use of prototypes to experiment with solutions; a tolerance for failure; and thoughtful restraint in product features so that even a complex piece of technology can be easy to use. Creating a design-centric culture requires understanding that the returns on an investment in design are difficult to quantify, allowing people to take chances, and appreciating what design can and cannot achieve. Design helps people and organizations cut through complexity and imagine the future, but it doesn’t solve all problems. HBR Reprint R1509D

Ottimo articolo che spiega come il design thinking offra un metodo esplorativo rigoroso, nonostante appaia creativo e caotico.


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